Come si beve il sakè in Giappone?

Toglietevi le scarpe e sedetevi su comodi cuscinetti poggiati a terra e preparatevi a bere del buon sakè, la bevanda nazionale giapponese. Il termine sakè indica una moltitudine di alcolici in Giappone e non solo il tipico vino di riso.

La preparazione della bevanda dipende molto dai gusti e dalla tradizione. L’honjozo-shu e shunmai-shu sono serviti a temperatura ambiente dopo averli fatti bollire, mentre il ginjo-shu e il namakaze vanno bevuti freddi.

Una volta pronto, il sakè viene servito all’interno di una brocchetta chiamata tokkuri e bevuto all’interno di una tazzina senza manici chiamata ochoko.

Ma non stupitevi se il padrone di casa vi verserà il liquore in una scodella chiamata sakazuki o in una tazza di legno, la masu.

Il vostro ospite vi verserà il contenuto del tokkuri tenendolo con entrambe le mani, avvolto da un panno per non farlo sgocciolare. Un po’ come fanno i camerieri con le bottiglie di vino.

Il galateo del sol levante impone che chi serve da bere si riempa la propria tazzina per ultimo. Accade anche che il tokkuri venga tenuto con una sola mano, ma in tal caso il padrone di casa terrà con la mano libera quella che impugna la brocca, mimando il gesto più consueto. Generalmente questo atto è prerogativa di chi è superiore di rango nei confronti dell’ospite.

La scala sociale è molto importante. Generalmente la tazzina di sakè viene tenuta con la mano destra, mentre la mano libera si pone sotto. Si alza l’ochoko e si aspetta che sia pieno. Se la propria posizione sociale è superiore rispetto a chi versa il sakè è buon costume usare una sola mano.

E poi kampai! La tradizionale esclamazione per brindare. Anche qui, attenzione. La tazzina della persona più bassa di rango deve assicurarsi che il bordo dell’ochoko stia più in basso rispetto alle altre.

Il rituale del sakè è molto antico e carico di simbologie. Ogni passo rende quell’atmosfera autentica.

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