Castello di Bardi, fantasma e storia

Tra fantasmi e storie di amori impossibili, il castello di Bardi è una meta turistica apprezzatissima.

La storia d’amore di Romeo e Giulietta, sfortunati amanti che la penna di Shakespeare ha reso immortali, non è la sola in cui un banale equivoco sfocia in un dramma sentimentale. In Emilia Romagna, nella provincia di Parma, il castello di Bardi è stato teatro di una vicenda analoga.

Un amore sfortunato terminato in tragedia, che ha lasciato in eredità un fantasma che si aggira per le sale e i torrioni ancora oggi.

Castello di Bardi: fantasma e leggende

Dove c’è un castello, è probabile ci sia la storia di fantasmi.

Gli ingredienti non mancano: storia d’amore travagliata, equivoci, apparizioni. La leggenda narra che, tra il 1400 e il 1500, in un’epoca in cui i ducati della zona erano spesso in lotta tra loro e contro nemici esterni, il signore del castello avesse una figlia adolescente, Soleste.

Tra la ragazza e il capitano delle guardie, Moroello, era nato l’amore. Ma i due appartenevano a ceti sociali diversi, cosa che all’epoca era un serio impedimento. Tanto più che il padre di Soleste aveva in mente un’unione ben più proficua sotto l’aspetto diplomatico ed economico, progettando le nozze della figlia con un vicino possidente. Ad aiutare i due innamorati c’era la balia della giovane, che ne copriva gli incontri.

Fin quando un giorno Moroello dovette partire, per andare a difendere i confini del feudo. Il racconto che ci è stato tramandato vuole che il cavaliere partisse contento, intenzionato a coprirsi di gloria sul campo di battaglia, in modo da essere un degno partito per la sua bella. Soleste tutti i giorni si recava sul torrione più alto, ansiosa di veder tornare il suo amato.

Finché arrivò il giorno in cui scorse in lontananza un gruppo di cavalieri che si dirigevano verso il castello. Appena fu possibile distinguerne le armature, si rese conto che erano i colori del nemico. Sconvolta al pensiero della morte di Moroello, e forse anche dal timore del prossimo assedio, si gettò da quello stesso torrione dove per giorni aveva atteso il ritorno dei cavalieri.

Senonchè quei cavalieri in avvicinamento altri non erano che Moroello e compagni, usciti vincitori dalla lotta, che tornavano a casa esponendo i colori dei nemici come sfregio verso gli avversari. Il giovane, avvisato dalla balia del dramma che si era appena consumato, impazzito dal dolore seguì la sorte della fidanzata, gettandosi a sua volta dal mastio, la più alta torre.

Da alcuni anni sembra che i due innamorati siano tornati ad aggirarsi per le sale del castello. In particolare Moroello è stato avvistato più volte, nell’atto di inginocchiarsi, a volte accompagnato da una musica lenta e triste. Non manca chi ha visto anche lo spettro della giovane Soleste raggiungere l’amato. Un’eterna unione che niente potrà più dividere.

Storia del Castello di Bardi

Collocato su un promontorio da cui domina il borgo omonimo, il castello nasce più di mille anni fa come fortezza. All’epoca le invasioni degli Ungari in pianura padana erano un pericolo costante, e disporre di un punto di osservazione da cui si dominasse l’intera vallata, coi torrenti Ceno e Noveglia, era fondamentale.

Già il colpo d’occhio dall’esterno è suggestivo. Collocato sulla cima di un promontorio di diaspro rosso, il castello, coi suoi camminamenti, i torrioni e le imponenti mura, il castello immerso in un’atmosfera fiabesca, che ne fa il luogo ideale per una storia di spettri e visioni.

Una curiosità: storicamente, il diaspro rosso è stato utilizzato come talismano per proteggersi dai fantasmi. La cristalloterapia gli attribuisce inoltre la capacità di favorire gli incontri sentimentali. E’ affascinante pensare che un piccolo ruolo nell’incontro dei due amanti lo abbia svolto proprio la terra su cui poggiavano i piedi e vivevano.

La funzione originaria del castello era quindi difensiva. I Bardi erano una famiglia della nobiltà locale, che ebbe in uso il maniero fino a metà del XIII secolo, quando lo cedette a un’altra famiglia nobile, i Landi, di Piacenza.

Nel 1682 morì l’ultimo Landi, e la proprietà passo prima ai Farnese, poi ai Borbone. Durante il 1800 venne utilizzato come carcere militare e pretura, per arrivare poi ai giorni nostri, dove vive un nuovo momento di gloria come attrazione turistica tra le più rinomate della zona di Parma e dell’Emilia.

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