Scoperte archeologiche nel Negev: statuette africane di 1.500 anni fa

Le statuette rinvenute nel Negev offrono nuove prospettive sulle comunità cristiane antiche.

Un ritrovamento straordinario nel Negev

Recenti scoperte archeologiche nella necropoli di Tel Malḥata, situata nella Valle di Arad, stanno riscrivendo la storia del Negev meridionale. Durante una campagna di scavi condotta da un team internazionale di archeologi, sono emerse statuette antropomorfe con tratti estetici africani, risalenti a circa 1.500 anni fa.

Questi reperti, rinvenuti in contesti funerari associati a donne e bambini, offrono uno sguardo inedito sulle interazioni culturali che caratterizzavano la regione durante il periodo romano-bizantino.

Un crocevia culturale

Il sito di Tel Malḥata era un importante snodo commerciale nell’antichità, collegando la Penisola Arabica, il subcontinente indiano e l’Africa orientale con il bacino del Mediterraneo.

La presenza di oggetti provenienti da lontane regioni, come vetri e pietre preziose, testimonia l’importanza di questo luogo. Tuttavia, le statuette rinvenute colpiscono per le loro implicazioni culturali, essendo scolpite in materiali pregiati come osso e legno di ebano. Queste rappresentazioni di uomini e donne dai tratti africani marcati suggeriscono una connessione profonda con le origini etniche delle comunità che abitavano la zona.

Significato affettivo e spirituale delle statuette

Le statuette non erano semplici oggetti ornamentali, ma avevano un significato affettivo e spirituale. Posizionate con cura accanto ai corpi nei sepolcri, indicano un legame profondo con i defunti. In particolare, due statuette sono state trovate in una doppia sepoltura, suggerendo una relazione intima tra i defunti, probabilmente madre e figlio. Questo rituale di accompagnare i defunti con oggetti personali riflette non solo una fede cristiana, ma anche la persistenza di usanze millenarie, che la conversione religiosa non ha completamente estinto.

Identità culturale e continuità

Gli archeologi coinvolti nello scavo, tra cui esperti dell’Israel Antiquities Authority e dell’Università di Colonia, sostengono che le statuette rappresentano una continuità culturale, mantenuta anche dopo l’adozione del cristianesimo. Questi oggetti potrebbero incarnare la memoria di antenati o simboli identitari di comunità di origine africana, giunte nel Negev come migranti o mercanti. La scoperta invita a riflettere sulla complessità delle identità culturali, mostrando come le tradizioni ancestrali possano coesistere con nuove pratiche religiose.

Un messaggio di integrazione e migrazione

Il direttore dell’Israel Antiquities Authority, Eli Escusido, ha sottolineato l’importanza di questi reperti, che vanno oltre il valore archeologico, toccando aspetti umani e sociali. Le statuette di Tel Malḥata rappresentano voci silenziose di un’umanità antica, testimoniando storie di migrazione, integrazione e identità. In un’epoca in cui il tema delle radici culturali è di grande attualità, queste scoperte ci invitano a riflettere sulla ricchezza dei percorsi umani, anche nel cuore di un antico deserto.

Scritto da Redazione Viaggiamo

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