Le 4000 isole. Il paradiso perduto del Mekong

Prima di viaggiare in Laos avevo letto che esisteva un’area a sud del paese, nella provincia di Champasak, chiamata Se Phan Don (letteralmente 4000 isole) che era molto simile al paradiso. Questo nella zona dove il Mekong si sviluppa come se dovesse scomparire e si moltiplica in diversi fiumi, dando luogo a piccole isole piene di vegetazione e snelle palme , un luogo idilliaco e rilassante dove la principale occupazione dei viaggiatori, che hanno il coraggio di arrivare fin qua, e’ quello di sdraiarsi su una amaca per godersi il tramonto.

A quell’area è stato dato il nome di 4000 isole per il numero di piccoli isolotti a fior d’acqua quando il fiume ritorna prima di entrare in territorio cambogiano.
La maggior parte di queste isole sono piccole e scompaiono nella stagione delle piogge. Con le inondazioni del fiume durante la stagione secca sono ricche di vegetazione e sono disabitate. Ma nelle isole più grandi sono stati costruiti villaggi, che, con il passare degli anni sono diventati delle vere e proprie mete turistiche.

A causa della carenza di infrastrutture e del suo stato quasi vergine si vive a contatto con la natura, senza confort. Più o meno come hanno fatto i primi esploratori il cui unico premio era raggiungere la meta prefissata.
Oggi nelle 400 isole non ci sono quasi più canali navigabili. Sono i locali che, sfruttando l’ambiente che li circonda cercano di sopravvivere coltivando il riso, canna da zucchero ed ultimamente con il ricavato delle visite turistiche che in questi ultimi anni si e’ notevolmente rafforzato.

Le 4000 isole sono l’ideale per osservare la vita rurale del Popolo Lao, conoscere le loro usanze o godere dei loro figli, sempre desiderosi di giocare con il visitatore. Ma chi decide di venire qui deve sapere che sarà in un terreno quasi vergine e senza alcun confort, dove c’e’ pochissima elettricità, quasi senza strade asfaltate, né automobili e che la vita rurale è la base della vita quotidiana nella zona. Piccoli sentieri vicino al fiume, che vengono sommersi nella stagione delle pioggia, la luce della luna o di una torcia elettrica fanno di guida durante le loro notti nella giungla. C’è poca elettricità tranne nelle grandi città, la maggior parte dai generatori all’interno dei bungalow in legno, offrono acqua ed aria calda o condizionata, ed al massimo una zanzariera per evitare che gli insetti e le zanzare ci pungano e possano trasmetterci la malaria.
Nelle isole si concludono molti affari di lusso. Le persone si incontrano qui pagando permessi a caro prezzo e trattano la compravendita di beni naturali.
Come arrivare o lasciare le isole
L’unica cosa certa e’ che per arrivare qui il viaggio e’ lungo e pesante.
Ci vogliono circa tre ore in Sawngthaew, il trasporto di eccellenza del Laos, dalla strada da Pakse, la popolazione più grande del sud e una volta arrivati al villaggio di Ban Nakasang, pieno di negozi di alimentari e bar sgangherati, si va al molo e si paga un dollaro per andare in barca fino ad una qualsiasi delle loro isole: Don Det o Don Khon. Per uscire la stessa cosa: bisogna parlare con il proprietario del vostro bungalow che organizza il trasporto verso la Cambogia dall’itinerario 13 o verso la città di Pakse, a Nord.Se venite dalla Cambogia dovete attraversare la frontiera, trasporto & climb route 13 la città più vicina a Don Det o Don Khon, Ban Nakasang.
Il sawngthaew
E’ il trasporto laotiano di eccellenza e una strana esperienza per qualunque turista. Il fatto di condividere la parte posteriore di questi furgoni sgangherati pieni di merce, con uomini e donne con i loro bambini, roba, polli, cestini e qualunque oggetto trasportabile e’ un’esperienza che difficilmente si dimentica nella vita. Le persone si alzano e si siedono con tutte le loro cose inoltre i venditori di strada, generalmente bambini, approfittano per offrire agli occupanti del sawngthaew tutto il possibile, dalle ali di pollo fritte a laosioanos snack bevande fredde o acqua lungo la strada. Tutto questo gridando il piu possibile e con molta velocità. Il trasporto parte dopo solo due tre minuti in piedi in mezzo alla strada. Solo il tempo per far salire o scendere i passeggeri.
Più si va a sud nel Laos più ci si rilassa ed una volta arrivati a Phan Don, le 400 isole, uno crolla per la grande umidità e l’unica cosa che si desidera e’ sdraiarsi su un’amaca o in un bar sulle rive del Mekong
Se come me, deciderete di visitare questa affascinante parte del Laos, vi scrivo alcuni suggerimenti per sapere quello che vi aspetta nel paradiso perduto del Mekong.
Gli amanti dei viaggi con tutti i comfort non si adatterebbero mai alle 400 isole, ma chi ama un ambiente completamente naturale, potrà sfruttare della vacanza al 100% in quanto la zona copre solo le esigenze basiche dell’essere umano, e dove uno può sentirsi libero e sentirsi parte della natura. È come tornare alle nostre origini.
Consigli e informazioni pratiche
Durante il periodo delle piogge, il Mekong raggiunge in questa zona una larghezza di 14 km il maggiore dei suoi 4. 350 km. Bisogna stare molto attenti in quanto vi sono molte zone pericolose ed infide.
Le tre isole più popolate sono Don Khong, Don Det e Don Khon. Abbiamo visitato le ultime due. Le isole più grandi sono abitate tutto l’anno, mentre le piccole no in quanto durante il periodo delle piogge vengono sommerse. C’è energia elettrica nelle isole, specialmente negli alberghi e nei ristoranti, nonché alcune comodità come acqua calda o il wifi in alcuni bar e ristoranti. I francesi hanno lasciato una piccola rete ferroviaria in alcune di queste isole. Fu la prima ferrovia in Laos Oggi sono in disuso, ma è possibile effettuare un tour di circa 5 km seguendo l’antica via ferroviaria.
È ideale affittare una bicicletta per visitare le isole, costo 1 dollaro.
Salire in un’amaca, leggere un libro o parlare con la gente del posto o con altri viaggiatori è una buona forma di sfruttare di queste isole.
Attenzione al periodo in cui andate a visitare queste 4000 isole che possono essere deserte, da giugno a settembre , o strapiene di persone in cerca di un%2

Scritto da Andrea Bonin

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